Uno dei primi fu Luigi Cevenini, interno sinistro, milanese e rossonero, almeno fino al suo trasferimento all’Inter prima, alla Juve poi. Correva il 1927 quando Zizì firmò per Madama, all’alba il sesto anno dell’Era fascista; negli States, da pochi mesi, non si parlava d’altro che della prima trasmissione televisiva via cavo con riprese dal vivo. La chiamavano utopia. Da allora la storia non sarebbe stata la stessa. Qualcosa era cambiato anche fra Juventus e Milan, che in poco meno di un secolo conteranno decine di intrecci di mercato, decine di giocatori e decine di salti diretti – o giù di lì – da una sponda vincente all’altra.
Gioie e dolori, affaroni da leccarsi i baffi e pacchi imbarazzanti da rispedire il prima possibile al mittente. Prima di Higuain e Caldara c’è stato Leonardo Bonucci. Annunciato in pompa magna come il salvatore della Patria, con tanto di fascia da Capitano immeritata al braccio (probabilmente anche per convincerlo ad accettare il “passo indietro”), Leo era sopraggiunto nella città della moda per “spostare gli equilibri” da condottiero, ma l’unica cosa che in dodici mesi è riuscito a spostare davvero è stato – per ben due volte – l’armadietto di Milanello: la prima quando è arrivato a Carnago spinto da una trattativa lampo, la seconda quando ha salutato la truppa per fare rientro a casa, a Torino, testa bassa e pedalare. Higuain, l’anno dopo, ha fatto peggio.
Ora le voci di mercato accostano un’altro nome bianconero al Milan. Paulo Dybala pare (pare) essere finito dentro un fitto dialogo tra i dirigenti rossoneri e quelli della Juve. L’argentino come tassello di scambio in un’operazione che coinvolgerebbe il capitano milanista Alessio Romagnoli. Altro giro, altro capitano. La verità è che né Dybala né Romagnoli sono considerati cedibili dai rispettivi club. Tradotto “è solo un rumor”, l’ennesimo, uno spunto estivo per far chiacchierare, discutere, magari anche urlare allo scandalo. Dopo Leo e Gonzalo ecco Paulito. Magari! Ma non scherziamo! Giusto per agitarsi un po’ insomma, accedersi per nulla. Ma tant’è. Se non facessero parlare – che dite? – manco le chiameremmo voci.