Nell’ambito del progetto “Tutti i colori dello sport”, nel pomeriggio di oggi il centrocampista del Milan Tommaso Pobega e il difensore del Milan Femminile Laura Fusetti hanno incontrato presso l’Associazione La Strada di Milano (in zona Corvetto) 50 ragazzi della Scuola Bottega e del Centro di aggregazione giovanile.Nel contesto degli argomenti dell’incontro, l’enfasi sull’impegno e lo studio può essere considerata fondamentale per promuovere una cultura di crescita e sviluppo all’interno del gruppo.
Inoltre, la multiculturalità dello spogliatoio offre un’opportunità unica di apprendere e apprezzare le diverse prospettive culturali presenti tra i membri del team. La tolleranza gioca un ruolo significativo nel favorire un ambiente inclusivo in cui ciascun individuo si senta rispettato e valorizzato, indipendentemente dalle proprie differenze.Durante l’ora di incontro (dalle 16.30 alle 17.30) moderata dal giornalista di Milan TV Simone Nobilini, Pobega ha svelato alcune curiosità legate alla sua giovane carriera da calciatore professionista.
Una giornata di ascolto per i giocatori del Milan Pobega e Fusetti
Milan, Pobega e Fusetti insieme ai giovani a rischio dispersione scolastica
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Tommaso ha raccontato di essere molto appassionato anche di basket: «Mi sono avvisato a questo sport – ha detto alla platea di giovani intenti ad ascoltarlo – grazie a LeBron James, è il mio idolo tuttora anche se sono gli ultimi anni in cui ce lo possiamo godere». Tommaso Pobega però ha sempre sognato sin da piccolo, da quando ha iniziato a dare i primi calci ad un pallone, di diventare un giorno un calciatore professionista. Lo dice a chiare lettere in questo passaggio, nel quale racconta l’anedoto del suo compleanno.
Racconta Pobega: «Ad ogni compleanno, ogni volta che soffiavo le candeline esprimevo questo desiderio. Ora lo sto vivendo, ma ho fatto di tutto perché fosse così. Il mio esordio in rossonero? È arrivato la scorsa stagione contro l’Udinese… È stata una emozione incredibile, non mi rendevo conto di cosa stessi facendo. L’ho vissuto un po’ come un riscatto: fino a quel momento avevo fatto solo qualche allenamento con la Prima Squadra e poi tanti prestiti in giro. Ma mi sono sempre messo in gioco. All’esordio a San Siro – ha raccontato – mi sono detto “ok, ce l’ho fatta, è servito».