«I mesi di silenzio? Avrei parlato di pancia, il tempo permette serenità. Ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e storia del Milan. E ce ne sono altre legate ai suoi ideali. Converrebbe tenersele strette». Paolo Maldini torna a parlare e lo fa sulle colonne del quotidiano Repubblica. «Il divorzio? Se il club è stato venduto a 1.2 miliardi e la proprietà vuole cambiare, ne ha il diritto. Vanno rispettati persone e ruoli. Ho dovuto trovare un accordo per i miei diritti. L’amore per il Milan rimane incondizionato. Da figlio di Cesare. Da ex capitano. Da papà di Christian e Daniel. E da dirigente in 5 anni fantastici. L’informazione non viene indirizzata verso la verità: chi dice il contrario sa di mentire a se stesso. Per fortuna mi pare che il pubblico non si faccia condizionare».
Secondo Cardinale lei è un individualista? (chiede il giornalista di Repubblica)
«Si confonde con la volontà di essere responsabile delle decisioni previste dal ruolo. Il confronto quotidiano è una benedizione. Un ex calciatore di alto livello è abituato al giudizio ogni 3 giorni. Come dirigente sono cresciuto, nei primi 6 mesi mi sentivo inutile. Leonardo mi diceva: stai solo imparando. Difficile interloquire con un fondo americano o un Ceo sudafricano».
Si riferisce al mercato?
«Assolutamente falso, io e il ds Massara non condividessimo obiettivi e strategie. Mai avuto, né voluto, potere di firma: nemmeno per i prestiti. Ogni acquisto era avallato da Ceo e proprietà. I giocatori li abbiamo scelti noi, a volte spariva il budget. È normale l’interferenza nelle scelte sportive, che spostano equilibri finanziari. Ingiusta l’accusa di non averle condivise: per Ibrahimovic servirono tante riunioni».
Secondo Maldini il presidente Cardinale voleva portare il Milan sul tetto d’Europa
Può raccontare quel fatidico 5 giugno 2022?
«Gerry Cardinale mi disse che io e Massara eravamo licenziati. Chiesi perché e lui mi parlò di cattivi rapporti con l’ad Furlani. Allora io gli dissi: ti ho mai chiamato per lamentarmi di lui? Mai. Ci fu anche una sua battuta sulla semifinale persa con l’Inter, ma le motivazioni mi sembrarono un tantino deboli. Le cosiddette assumptions, gli obiettivi stagionali, erano: eliminazione ai gironi di Champions, un turno passato in Europa League, qualificazione alla Champions successiva. La semifinale di Champions ha portato almeno 70 milioni di introiti in più e l’indotto record di sponsor e ticketing. L’attivo di bilancio appena approvato è relativo all’esercizio 2022/23, con le assumptions abbondantemente centrate».
L’azionista di controllo eccepiva?
«Con lui, in un anno, solo una chiacchierata, più 4 suoi messaggi. Dovevamo fidarci l’uno dell’altro. Io l’ho fatto: come sia andata, è noto. Io credo che la decisione di licenziarci fosse stata presa mesi prima e c’era chi lo sapeva. Il contratto, 2 anni con opzione di rinnovo, mi era stato fatto il 30 giugno 2022 alle 22: troppo impopolare mandarci via dopo lo scudetto».
Milan, intervista a Maldini: «Cardinale voleva la Champions…»
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Che cosa chiedeva Cardinale?
«Voleva vincere la Champions. Spiegai che serviva un piano triennale. Da ottobre a febbraio l’ho preparato con Massara e con un mio amico consulente: 35 pagine di strategia sostenibile e necessità del salto di qualità, mandate a Gerry e a 2 suoi collaboratori stretti, oltre che all’ad Furlani».
Intervista: Maldini e il suo Milan
Risposte?
«Nessuna. Su 35 acquisti ci contestano De Ketelaere, che aveva 21 anni. Se si scelgono ragazzi di quell’età, la percentuale d’insuccesso è più alta. Vanno aspettati, aiutati, coccolati, ripresi. Dopo 3 mesi di lavoro, Boban e Massara ed io fummo chiamati a Londra da proprietà e Ceo e praticamente delegittimati. I vari Leao, Bennacer e Theo non piacevano. Serviva un percorso. Ricordo sempre da dove siamo partiti».
Può riassumere?
«Nel 2018/19: squadra non giovane e poco performante. Da 6 anni niente Champions, rosa da circa 200 milioni, monte ingaggi di 150. In 4 anni di ristrutturazione coi giovani: spesa di mercato al netto delle cessioni 120 milioni, 30 l’anno e 15 a sessione, valore della rosa salito a circa 500, stipendi scesi a 120 e poi per 3 anni a 100, senza avere potuto rinnovare con Çalhanoglu e Kessié. E a fine stagione scorsa: 3 Champions giocate di fila, scudetto dopo 11 anni, semifinale di Champions dopo 16, bilancio in attivo dopo 17. Se si sta sul filo, basta una stagione per rovinare il lavoro precedente».
Qual era il budget 2023-24?
«A marzo non se n’era ancora parlato e non si può aspettare giugno per programmare il mercato. Poi, 4 giorni prima del licenziamento, Furlani mi comunicò molto imbarazzato un budget basso: io ne presi atto. Dopo la nostra partenza, il budget è addirittura raddoppiato, al netto della cessione di Tonali, e il monte ingaggi è finalmente in linea col nostro piano: deve essere diventato fonte di ispirazione!»
La dinastia Maldini al Milan: ecco che dice nell’intervista…
Avreste ceduto Tonali?
«Fatto il possibile per non lasciarlo andare. Mai stati totalmente contrari a una cessione importante, ma non c’era necessità. Per Sandro spendemmo un quinto del valore di dominio pubblico e dovemmo discutere animatamente con Ceo e proprietà: non lo voleva neppure l’area scouting».
Scaroni dice che, senza di lei, il gruppo di lavoro è unito.
«Mi dà fastidio come si raccontano le cose. Il Milan merita un presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra sola. Lui non ha mai chiesto se serviva incoraggiamento a giocatori e gruppo di lavoro. L’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo scudetto. Ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire lo stesso anche rispetto ai due Ceo, Gazidis e Furlani».
Gli algoritmi?
«Per prendere Loftus-Cheek, Pulisic e Chukwueze non servono: basta usare i soldi che merita una squadra che finalmente fattura 400 milioni. Impossibile possono paragonare i 4 mercati precedenti con l’ultimo, avevamo armi diverse. La sostenibilità? Con Boban e Massara è stato stimolante tagliare del 30% gli ingaggi, rinnovare la rosa e aumentarne il valore con scudetto e 3 anni di Champions, dopo 7 senza».
Maldini, la sua dinasty si è fermata il 5 giugno?
«Un legame di 36 anni è troppo forte e resterà per sempre: la storia non si cancella. Dico grazie alla vita e al Milan. Vedo rappresentata una nuova era, un Berlusconi 2. Un ripassino della storia italiana degli ultimi 40 anni, politica e imprenditoriale? L’ho detto prima del mio congedo: oggi comandate voi, ma per favore rispettate la storia del Milan».