Giuseppe Meazza, storico ex attaccante di Milan, Inter e Juventus, è stato uno dei migliori centravanti della storia italiana…
Il solo fatto di aver dato il nome allo Stadio San Siro basterebbe a far capire la grandezza e lo spessore del giocatore di cui stiamo parlando. Giuseppe Meazza, classe 1910, è stato semplicemente uno degli attaccanti più forti di tutti i tempi della storia calcistica del Belpaese.
La sua carriera, trascorsa con le maglie di Milan, Inter, Juventus, Varese ed Atalanta, gli è valso un riconoscimento prestigioso: il suo nome per lo stadio in cui ha giocato (tanto) e segnato (tantissimo).
Meazza, nato a Milano il 23 agosto 1910, era per tutti Peppino o Peppìn, soprannome che si portava dietro fin da bambino del quartiere popolare di Porta Vittoria. Migliore marcatore della storia dell’Inter con 286 reti e secondo con la maglia della Nazionale (33), con la quale vinse anche due Mondiali. Ma per nostra fortuna, Peppìn legò il suo nome anche a quello glorioso del Milan…
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Giuseppe Meazza ha legato profondamente il suo nome alla città di Milano, e non solo per aver dato il suo nome all’impianto di San Siro. L’attaccante classe 1910 infatti lasciò il suo segno (ed i suoi gol) soprattutto con la maglia dell’Inter, ma riuscì a togliersi delle soddisfazioni anche con quella del Milan.
In rossonero Peppìn giocò 42 partite in due stagioni, con 11 gol a referto.
Dopo aver militato nelle due squadre meneghine, nella Juventus, nel Varese (nel cosiddetto campionato di guerra) e Atalanta, Meazza divenne giornalista ed allenatore, guidando Inter, Atalanta, Pro Patria e Besiktas.
Scomparve il 21 agosto del 1979, e nel marzo successivo gli venne intitolato lo stadio della sua città. Ci sarebbero tante descrizioni da fare sul modo e sullo stile di gioco di uno degli attaccanti più forti della storia italiana. Ma preferiamo farlo con le parole di un gigante della storia del giornalismo del Belpaese: Gianni Brera.
«Grandi giocatori esistevano già al mondo, magari più tosti e continui di lui, però non pareva a noi che si potesse andar oltre le sue invenzioni improvvise, gli scatti geniali, i dribbling perentori e tuttavia mai irridenti, le fughe solitarie verso la sua smarrita vittima di sempre, il portiere avversario…»