Milan, cosa funziona e cosa potrebbe funzionare meglio. I numeri in campionato dicono che…sei sempre una grande squadra! L’editoriale del Direttore, Luca Rosia.
Vince solo chi ci crede. Il motto del 2022 rossonero è più che mai attuale. Il Milan strappa un successo all’ultimo respiro contro la Fiorentina e resta aggrappato al mantello del Napoli. I partenopei corrono, sono un treno con energie infinite e meritano ampiamente il primo posto in campionato. Tra il Milan della scorsa stagione e il Milan attuale c’è (chiara!) una grande differenza: si chiama Napoli.
Un anno fa i rossoneri dopo i primi 15 turni di campionato contavano 35 punti in classifica, oggi sono appena due in meno. C’è un’altra riflessione da fare: quel Milan arrivava alla 15esima giornata di Serie A (Genoa-Milan 0-3) da due scottanti sconfitte contro Fiorentina e Sassuolo. La fase calante a metà autunno quindi è caratteristica che ritroviamo anche nel Milan della passata stagione: probabilmente i ritmi intensi impostati da Stefano Pioli in allenamento dopo tre mesi di partite ravvicinate si fanno sentire.
Milan, hai lo spirito dei campioni…
Così come era successo contro lo Spezia, anche con la Fiorentina il Diavolo ha conquistato i tre punti al fotofinish. I rossoneri non hanno mollato la presa, hanno continuato a lottare fino all’ultimo secondo e sono così riusciti a strappare una vittoria importantissima per tenere viva la corsa Scudetto: l’obiettivo era rimanere in scia del Napoli capolista (avanti di 8 lunghezze) e affrontare con il mood migliore la sosta del Mondiale. Se il Milan fosse sprofondato a -10 dagli azzurri, la salita sarebbe stata decisamente più complicata e non solo per il distacco di due cifre dalla vetta: alle spalle, Inter e Juventus stanno rosicchiando punti preziosi e lottano per salire sulla giostra. Ci sono, si fanno sentire e non molleranno nemmeno loro. Psicologicamente, l’aggancio di nerazzurri e bianconeri avrebbe pesato non poco sulla testa del gruppo.
…ma qualcosa va sistemato
Questo è un Milan forte ma che nasconde ancora qualche evidente fragilità. Può accendersi rapidamente come una fiamma al vento ma anche spegnersi con la stessa velocità e non dare segnali di vita. È successo a Torino contri i granata di Juric, in Champions a Londra contro il Chelsea e a tratti a Cremona nell’ultima uscita in trasferta del 2022. L’esempio più lampante però è arrivato proprio contro la Fiorentina a San Siro. Un brutto Milan, privo di idee e senza anima, ha alzato la testa solo sul finale ma ha rischiato anche di subire il raddoppio della squadra ospite (Santissimo Tomori meno-male-che-ci-sei-tu). Se i toscani avessero vinto 2-1 non ci sarebbe stato nulla di cui recriminare. Invece il calcio è così, a volte non vince il più forte e nemmeno il più bravo, a volte alza le braccia al cielo solo chi ci crede nell’azione decisiva.
Qualcuno l’aveva previsto
Nel pre partita un caso strano, ma forse nemmeno troppo. Ce l’ha raccontato un collega: nella zona bar della tribuna stampa, un giornalista della squadra ospite ha tranquillizzato i media di casa: «Non preoccupatevi, questa è la classica partita che la Fiorentina domina fino alla fine e poi prende gol al 92esimo». Detto e fatto, un veggente? Forse sì, o semplicemente un attento osservatore delle dinamiche viola, di pregi e difetti. Il difetto della formazione di Vincenzo Italiano è che non lottato con i denti sull’azione decisiva. Si è persa un dettaglio, capita spesso anche al Milan. Non ha valorizzato fino alla fine le proprie indiscusse qualità (i toscani si erano presentati al Meazza con cinque vittorie consecutive tra campionato e Conference League). La differenza è che il Milan di Pioli invece lo ha fatto: recupero a metà campo, assist ben calibrato di Aster Vranckx e stacco imperioso, con tempismo perfetto, di Ante Rebic. La fortuna ha aiutato l’audacia del Diavolo e anche San Siro ha fatto la sua parte, alzando il volume di una colonna sonora letteralmente da brividi. Menzione speciale per la Curva Sud: non c’è spettacolo più straordinario al mondo!
La rosa del Milan è da migliorare: dubbi, speranze e obiettivi
Le lacune rimangono e guai a nasconderle sotto il tappeto. Due nomi inseriti in estate risultano NP, “non pervenuti”. Ci riferiamo a Yacine Adli e a Charlers De Ketelaere: dopo tre mesi di campo non sono ancora riusciti a dimostrare tutte le loro potenzialità. Per il franco-algerino è palesemente un problema di ritmo – l’ex Bordeaux non riesce a tenere il passo dei compagni e soffre l’intensità impostata da Pioli – il belga invece fatica a seguire le nuove disposizioni tattiche e a gestire la pressione. Charles probabilmente non ha trovato la sua zona di comfort nemmeno all’interno dello spogliatoio. È chiaro che gli serve tempo, al Mondiale paradossalmente può ritrovare la serenità perduta. A questo Milan serve comunque qualche nuovo rinforzo di spessore. Serve fin da subito, perché dietro, in classifica, le altre corrono e qualcuna sicuramente a gennaio aggiungerà benzina nel serbatoio (la Juve ci sta già lavorando). Però, sacrificare De Ketelaere (come scrive qualcuno da settimane) sarebbe una follia assoluta. Il ragazzo, appena 21enne, crescerà, va quindi aspettato con calma e totale fiducia.
Un’ala o una punta
Qualcosa altrove si può anche rivedere. A destra per esempio… Alexis Saelemaekers è ancora out per infortunio, tornerà ma riuscirà a spostare gli equilibri? Non l’ha mai veramente fatto, così come Divock Origi non ha cambiato volto all’attacco del Milan quando di recente è stato orfano di Olivier Giroud. Ecco, forse qualcosa da quelle parti dovrebbe cambiare. Si parla di Hakim Ziyech del Chelsea per la trequarti, per l’attacco invece il ventaglio di nomi cambia costantemente: Noah Okafor del Salisburgo è solo l’ultimo profilo sulla lista. Vietato pensarci troppo. La media-età degli attaccanti è alta, bisogna fin da ora pensare al futuro e anche, ahinoi, allo scenario più estremo: che a giugno escano di scena due top player, Rafa Leao e Zlatan Ibrahimovic.