Alla fine dell’Ottocento il calcio in Italia è tutto fuorché uno spettacolo come lo conosciamo oggi: poi ecco Kilpin, poi ecco il Milan. Alla fine dell’Ottocento il calcio in Italia è tutto fuorché uno spettacolo come lo conosciamo oggi. Niente tv, niente cori né curve, regolamenti quasi inesistenti e un numero di calciatori con comportamenti professionistici fuori dal campo pari a zero.
Nel Regno Unito invece questo sport è già ampiamente diffuso tra gli inglesi. Per forza, l’hanno inventato loro! Oltremanica sta iniziando a diventare una vera e propria fede che mobilita mezza popolazione, rigorosamente al saturday (il sabato). È l’occasione per gli operai di poter “staccare” dalla propria faticosa attività lavorativa per poi tornare a guadagnarsi quei pochi spiccioli la domenica mattina di ritorno dallo stadio, un magro bottino che ovviamente viene reinvestito per la partita della settimana successiva.
Succede così praticamente ovunque, tranne a Nottingham. E, paradossalmente, proprio a Nottingham comincia il nostro tuffo nel passato. In questa città bisognerà aspettare il grande Forest degli anni Settanta di Clough per diffondere il calcio tra i cittadini, ma per il momento il pallone non rotola ancora nei piedi dei ragazzini per strada, gli viene preferito il libro di Robin Hood o un bel tour al castello (chi conosce la storia della foresta di Sherwood capirà). A dire il vero, qualcuno già innamorato di questo sport c’è.
Storie rossonere: 1899, Herbert Kilpin e la nascita di un mito
Milan, dal 1899 un mito che nasce da Herbert Kilpin
Si chiama Edward e, assieme alla moglie Sara, gestisce una delle macellerie più grandi della città. Gli affari girano, i soldi arrivano e i due decidono di dare alla luce un bambino. Edward di cognome fa Kilpin e quel bambino decide di chiamarlo Herbert. È il 24 gennaio 1870, nasce il padre della storia del Milan.
Herbert a scuola non va molto bene, pur essendo dotato di un’intelligenza poco comune nell’Inghilterra analfabeta di quegli anni. Al libro di Robin Hood preferisce il pallone. In pochi in classe seguono la sua passione, così Herbert ha pochi amici. Di testa sua decide di fondare una squadra di calcio, sarà la prima ma non l’ultima. La chiama Garibaldi Reds e gioca con la maglia rossa, in onore dell’eroe dei due mondi. Al ragazzo piace l’Italia e punta a cambiare per sempre il modo di concepire il calcio nel nostro Paese.
Si trasferisce in Italia, ma non per il calcio. Lavora per un’impresa tessile che gli ha chiesto di insegnare la professione a Torino, nel 1891. Il ventenne coglie l’opportunità, è evidente il fatto che in Italia non esistono regolamenti sul football adeguati ed Herbert sente il dovere di fare qualcosa. Fonda, assieme a un altro italiano di origine svizzera, l’International Torino di cui i colori sono il giallo e il granata. Poco dopo diventerà Torino FC e la maglia manterrà solo il colore granata segnando pagine indelebili del nostro calcio.
Quella squadra gioca bene, vince le partite ma si imbatte nella finale scudetto contro il Genoa Cricket and Football Club. Non c’è storia, vince il Genoa, per la terza volta consecutiva i liguri sono campioni d’Italia. A fine partita Herbert giura a sé stesso e agli avversari che avrebbe fondato un’altra squadra capace di batterli. Nasce l’idea del mito leggendario.
La nuova destinazione si chiama Milano. In Città ci sono tre industriali che condividono la stessa passione di Herbert Kilpin, così lo assumono nella loro ditta tessile. Sono Antonio Dubini, Guido Valerio e Giulio Cederna. Quello che ha fatto l’inglese a Torino è già considerato un’impresa, ormai non ci sono dubbi, la nuova squadra di calcio di Herbert Kilpin sarà nel capoluogo lombardo.
La Gazzetta dello Sport dell’epoca racconta che i soci sono una cinquantina. Dopo Kilpin, c’è un altro inglese: Alfred Edwards, che oltre a essere un politico britannico di spessore, diventerà anche il presidente della nuova creatura che sta per nascere. Oltre a loro c’è David Allison, capitano della squadra. Edward Nathan Berra, vice presidente. Patrick Neville e Richard Davies, i primi segretari di un club calcistico in Italia.
Herbert Kilpin raduna tutti attorno a un tavolo all’Hotel Du Nord et des Anglais di Milano, in Piazza della Repubblica. L’attuale “Principe di Savoia”. È la notte del 16 dicembre 1899, viene ufficialmente fondato il Milan Cricket and Football Club. Verrà definitivamente riconosciuto Il 18 dicembre 1899. La Gazzetta dello Sport titola: FOOTBALL. Quel giorno, grazie all’iniziativa di un inglese, a Milano debutta il calcio, che diventerà presto bello, forte e vincente in Italia e all’estero.
«Saremo una squadra di Diavoli» esclama a gran voce Kilpin. «I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo ai nostri avversari». Prende vita l’inferno, il purgatorio e il paradiso descritto qualche anno prima da Dante, prende vita quel mito che oggi tutti conosciamo. Perché senza Herbert Kilpin non ci sarebbe stato il trionfo di Manchester, non ci sarebbe stato nessun 11 maggio 2001 e non ci sarebbe stato l’A.C. Milan di Milano 7 volte campione d’Europa.
Kilpin smetterà di giocare a 38 anni, ma quella sua foto col cappellino rossonero, i baffi lunghi e il fisico avvolto da una maglia stretta adornata dai colori più belli del mondo, ha fatto e continuerà a fare la nostra storia. Morirà il 22 ottobre 1916, vittima dell’alcool. Il Whisky, l’altra sua grande passione, se lo porterà via in una gelida notte milanese.
La data ufficiale dell’addio al calcio di Kilpin è il 12 aprile del 1908, quello stesso anno è molto travagliato all’interno del Club. Ermanno Aebi è un ragazzo da poco approdato al Milan, l’ha consigliato ad Herbert Giorgio Muggiani, un pittore amante del pallone. Ma c’è un problema, al Milan per essere visto di buon occhio dovevi essere o inglese oppure, ovviamente, italiano. Ermanno si è trasferito in Città da poco, lui è di origine svizzera. A Kilpin questo non piace.
Circa un mese prima dell’ultimo giorno da calciatore di Herbert, la Gazzetta in edicola scrive: “Ci sarebbe un gruppo di intellettuali, artisti e industriali pronto a fondare un nuovo club a Milano…ci potrebbero essere anche partite Internazionali da giocare”. Detto, fatto. È il 9 marzo 1908 e il Milan conosce il suo primo nemico cittadino. Muggiani pronuncia un discorso epico al ristorante “L’orologio” e crea, proprio assieme a Aebi, l’ F.C. Internazionale di Milano. Ma questa è un’altra storia, non saremo noi a raccontarla.